Negli ultimi anni, un’ondata di sensori CMOS ha invaso il mercato, a spese dei più “tradizionali” CCD. Non mi dilungherò in dettagli tecnici, ma dopo l’annuncio della On Semi sull’improvvisa interruzione dell’intera linea di sensori CCD KAF e KAI nel 2020 sembra davvero che l’era dei CCD sia giunta alla fine. In realtà, i CCD molto probabilmente rimarranno per applicazioni di nicchia e di fascia alta, ma i sensori CMOS sono destinati a impadronirsi del mercato dell’astronomia amatoriale.
I CMOS hanno alcuni vantaggi rispetto ai loro “fratelli più anziani”, come ad esempio rumore di lettura molto basso e tempi molto veloci di scaricamento dell’immagine. Anche se la maggior parte delle camere basate su sensori CMOS non offrono 16 bit di dinamica, il basso rumore di lettura produce un intervallo dinamico reale paragonabile a quello di molte camere CCD, se non addirittura migliore.
Nel settembre 2019 ho deciso di “ingoiare il rospo” e di comprare una camera CMOS. La mia scelta è caduta sulla ASI 071 MC Pro: costruita intorno al sensore Sony IMX 071, vanta una risoluzione di 16 Mp, dinamica a 14 bit e dimensioni abbastanza generose, che coprono il formato APS-C.
Per mettere alla prova la mia nuova camera, ho dediso di riprendere un oggetto abbastanza difficile, IC 59 e IC 63, due nebulose a riflessione ed emissione situate vicino a gamma Cassiopeiae. In realtà non era la prima luce per il mio nuovo giocattolo J, ma era comunque una sfida ardua, poiché queste nebulose sono molto deboli ed elusive. Ecco la foto:
Devo dire nel complesso di essere contento del risultato, benché i sensori a colore (sia CCD sia CMOS) non siano l’ideale per questo tipo di oggetti, sui quali camere monocromatiche (usate con filtri a banda stretta per massimizzare il contrasto sulle nebulose ad emissione) producono risultati di qualità decisamente migliore, a prescindere dal tipo di sensore usato.
Buona visione :-)
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